lunedì 11 gennaio 2016

DI STEFANO A FORTE: «VOGLIO LE SUE SCUSE» (da Il Centro del 10/1/2016)

Il forzista assolto dopo sei anni dà forfait all’incontro sulla legalità organizzato dall’arcivescovo che lo accusò dal pulpito

Chieti. Sei anni di silenzio. Ma poi, una volta uscito pulito da "rifiutopoli”, l’onorevole Fabrizio Di Stefano (FI) ha atteso l’occasione giusta per togliersi un primo “sassolino” dalle scarpe legato alla vicenda giudiziaria. E più che un “sassolino” si tratta di un “macigno”, scagliato direttamente contro l’arcivescovo metropolita di Chieti Vasto, monsignor Bruno Forte.
L’occasione propizia è stata l’invito di monsignor Forte a partecipare al consueto incontro con la classe politica locale organizzato dalla Curia ad inizio di ogni anno, intitolato “Legalità e Giustizia”, che si tiene questa mattina al Seminario. L’invito a partecipare è stato spedito a tutti i sindaci, i consiglieri comunali, provinciali e regionali e ai parlamentari eletti nella diocesi. Ma Di Stefano ha risposto con un secco “no grazie”, spiegando i motivi in una pesantissima lettera subito resa pubblica.
LA LETTERA. L’incipit della missiva è canonico, “Eccellenza Reverendissima”, ma il resto è di fuoco. «Le vorrei esprimere i motivi per cui non parteciperò all'incontro del 10 gennaio. In una stagione in cui sul panorama politico italiano troneggiano tematiche che aggrediscono i valori cardine della cristianità (il ddl. Cirinnà, con il riconoscimento paritario tra matrimonio omosessuale ed eterosessuale e conseguentemente sulla possibilità delle adozioni anche da parte delle coppie omosessuali), reputavo più consona una Sua riflessione su queste tematiche, piuttosto che l'avventurarsi su una materia, appunto quella della legalità e della giustizia, dove i suoi comportamenti nei miei confronti non sono stati proprio encomiabili.
Provo una personale, e forse comprensibile, difficoltà umana all'idea di ascoltare una lezione, appunto sul tema della legalità e della giustizia, da Lei che, appena quattro giorni dopo l'inizio della mia vicenda giudiziaria, salì sul pulpito della cattedrale per interpretare uno strumento a tutela dell'indagato come emblema di sconcerto e di disgusto, della politica regionale».
L’ANTEFATTO. Di Stefano si riferisce a quando, oltre sei anni fa, lo raggiunge un avviso di garanzia per un’indagine che fece molto scalpore, la cosiddetta “Rifiutopoli abruzzese” che spaziava da appalti truccati a finanziamenti illeciti ai politici. Qualche giorno dopo lo scoppio della bomba mediatica, monsignor Forte, dal pulpito della cattedrale di Vasto, pur senza citare mai nomi e cognomi, fa espresso riferimento a quella vicenda giudiziaria, censurando in maniera netta coloro che vi erano rimasti coinvolti. E Di Stefano quelle accuse dal pulpito non le ha mai dimenticate. Ha aspettato l’assoluzione e, alla prima occasione, è partita la filippica. Forte, d’altronde, l’occasione gliel’ha servita su un piatto d’argento, con l’incontro su legalità e giustizia, al quale ha invitato come relatori il professor Giuseppe Dalla Torre, ex rettore della Lumsa di Roma, e il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini.
LE SCUSE MANCATE . «Non nego», continua la lettera, «che in questa difficoltà ci sia un forte connotato umano, in particolare legato al pensiero che dopo sei anni, alla luce della mia completa assoluzione, non ho ricevuto le Sue scuse che, in base ai miei principi etici e cristiani, con tutta onestà mi sarei aspettato. Per queste ragioni non me la sento di ascoltare da Lei una lezione su questo tema, tanto più che sarà affiancato da un discussant che sei anni fa, come me, ebbe un finanziamento lecito, anche maggiore del mio, ma che secondo il suo metro di giudizio avrebbe dovuto essere additato anche lui al pubblico ludibrio.
                                                                                                                        di Arianna Iannotti



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