venerdì 15 gennaio 2016

CHIETI: L'ONOREVOLE CONTRO IL MONSIGNORE, DI STEFANO CHIEDE LE SCUSE MA VIENE IGNORATO (da AbruzzoWeb dell' 11/1/2016)

CHIETI – L'onorevole contro monsignore. No, non è la riedizione della celebre serie cinematografica di Peppone e Don Camillo, ma la querelle finita anche alla ribalta della cronaca nazionale (vedi Il Fatto Quotidiano) che ha visto l'onorevole Fabrizio Di Stefano (Forza Italia) contrapporsi all'arcivescovo metropolita di Chieti Vasto, monsignor Bruno Forte.
Non avevo certo preventivato di finire alla ribalta delle cronache nazionali", ha detto Di Stefano ad AbruzzoWeb,
"certo è che questo risalto mediatico non mi fa pentire di ciò che ho detto. Per il semplice motivo che ritengo di essere nel giusto, come testimoniano le tante chiamate ricevute e le attestazioni di stima in rete”. 
E dunque l’onorevole forzista non sembra avere intenzione di fare passi indietro nella polemica che lo ha visto puntare il dito direttamente contro Forte, che non è solo l’arcivescovo della sua diocesi ma anche un eminente teologo che ha ricoperto diversi prestigiosi incarichi ecclesiali come le nomine del Papa a segretario speciale delle due Assemblee generali straordinarie del Sinodo dei vescovi, entrambe sul tema della famiglia, svoltesi nel 2014 e nel 2015.
Insomma, uno dei nomi che contano all’interno della Chiesa. E a sfidare il monsignore non è, d'altronde, un parlamentare qualunque, ma un onorevole che si è distinto per una serie di battaglie per portare avanti temi cari alla tradizione cattolica.
E allora come mai Di Stefano si è messo di traverso all’insigne presule? “Perché”, spiega “ritenevo, e ritengo, di essere stato vittima di un’ingiustizia. E di fronte a un’ingiustizia io non chino la testa”.
Per capire di quale “ingiustizia” di sia trattato basta prendere la lettera che Di Stefano ha indirizzato a Forte spiegando perché non sarebbe andato all’incontro con i politici della diocesi indetto dall’arcivescovo per lo scorso 10 gennaio.
Eccellenza Reverendissima – inizia Di Stefano - Le vorrei esprimere i motivi per cui non parteciperò all'incontro del 10 gennaio. In una stagione in cui sul panorama politico italiano troneggiano tematiche che aggrediscono i valori cardine della cristianità (il ddl. Cirinnà, con il riconoscimento paritario tra matrimonio omosessuale ed eterosessuale e conseguentemente sulla possibilità delle adozioni anche da parte delle coppie omosessuali), reputavo più consona una Sua riflessione su queste tematiche, piuttosto che l'avventurarsi su una materia, appunto quella della legalità e della giustizia, dove i suoi comportamenti nei miei confronti non sono stati proprio encomiabili”.
Provo una personale, e forse comprensibile, difficoltà umana – continua l’onorevole - all'idea di ascoltare una lezione, appunto sul tema della legalità e della giustizia, da Lei che, appena quattro giorni dopo l'inizio della mia vicenda giudiziaria, salì sul pulpito della cattedrale per interpretare uno strumento a tutela dell'indagato come emblema di sconcerto e di disgusto, della politica regionale”.
Per comprendere a cosa il parlamentare si stia riferendo dobbiamo fare un salto indietro nel tempo di oltre sei anni e tornare allo scandalo della “rifiutopoli” abruzzese che vide Di Stefano tra gli indagati. Ebbene, a pochi giorni dall’avviso di garanzia, monsignor Forte, dal pulpito della cattedrale di Vasto, pur senza citare nomi e cognomi, fa un chiaro riferimento a quella vicenda giudiziaria, censurando coloro che vi erano rimasti coinvolti. E Di Stefano quelle parole, quelle accuse dal pulpito di una chiesa, non le ha mai mandate giù.
Ha aspettato l’assoluzione e, alla prima occasione, gli ha restituito pan per focaccia. Monsignor Forte, d’altronde, l’occasione gliel’ha servita su un piatto d’argento, con l’incontro su legalità e giustizia, al quale ha invitato come relatori il professor Giuseppe Dalla Torre, ex rettore della Lumsa di Roma, e il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini.
Non nego - continua nella lettera - che in questa difficoltà ci sia un forte connotato umano, in particolare legato al pensiero che dopo sei anni, alla luce della mia completa assoluzione, non ho ricevuto le Sue scuse che, in base ai miei principi etici e cristiani, con tutta onestà mi sarei aspettato. Per queste ragioni non me la sento di ascoltare da Lei una lezione su questo tema, tanto più che sarà affiancato da un discussant che sei anni fa, come me, ebbe un finanziamento lecito, anche maggiore del mio, ma che secondo il suo metro di giudizio avrebbe dovuto essere additato anche lui al pubblico ludibrio”.
In conclusione – termina la lettera - preferisco polarizzare la mia attenzione verso quegli incontri che, in linea con le ultime dichiarazioni del cardinal Bagnasco, intendono assumere una posizione netta a difesa della famiglia come nucleo fondante del nostro secolare patrimonio di identità e tradizione”.
La lettera è stata resa pubblica alla vigilia dell’incontro su legalità e giustizia. Ma la mattina dopo non ha avuto riscontri. Né Forte né gli altri due relatori vi hanno fatto accenno diretto.
Manco a dirlo, insomma, le scuse evocate da Di Stefano non sono arrivate. E il giorno successivo monsignor Forte è partito per Gerusalemme per partecipare a importanti incontri.
Ma il vuoto lasciato da uno dei due contendenti non pare aver spento la contesa. Perché l’onorevole forzista sembra intenzionato a non lasciare cadere la polemica.


                                                                                                                           di Arianna Iannotti

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