La denuncia di Forza Italia, con Fabrizio Di Stefano e Pietro Laffranco: il governo così istituzionalizza il ruolo delle agenzie di rating che acquistano un potere enorme, andando a svuotare ulteriormente la Banca d’Italia
di Fabrizio De Feo
C’è un rischio di perdita di sovranità nascosto nelle pieghe del decreto legge sulla riforma delle banche di credito cooperativo in discussione alla Camera? La domanda è risuonata nel corso di un convegno sulle cartolarizzazioni delle sofferenze andato in scena a Montecitorio in cui alcuni operatori del settore, così come i deputati di Forza Italia Fabrizio Di Stefano e Pietro Laffranco hanno sollevato molto dubbi su questo aspetto del provvedimento.
«Le agenzie internazionali decideranno i criteri per la concessione del rating minimo e, conseguentemente, influiranno indirettamente sulla composizione del portafoglio e sulla percentuale di obbligazioni senior emesse» ha spiegato Ubaldo Palmidoro di Centaurus Credit Recovery «Non è inverosimile il verificarsi di una situazione nella quale un istituto di credito italiano si possa trovare nel corso del prossimo anno a dover cedere un ingente portafoglio di crediti per poter uscire da una situazione di crisi. In tale ipotesi ci troveremmo con soggetti internazionali che potranno influire sulla possibilità e sulle modalità di realizzazione delle operazioni, incidendo così, indirettamente, anche sul destino della banca».
Su questa falsariga si è attestato anche Fabrizio Di Stefano. «Condivido la necessità di rendere oggettivamente valutabile il processo di cartolarizzazione e la procedura di giudizio ed emissione delle garanzie statali da parte del ministero. La mia perplessità non nasce dal fatto che agenzie internazionali siano chiamate a giudicare il rating delle operazioni di cartolarizzazione, ma dalla assoluta impossibilità, per come oggi è formulato il Dl, di oggettivizzazione dei criteri di giudizio». In sostanza, denunciano da Forza Italia (Fabrizio Di Stefano e Renato Brunetta in testa) si istituzionalizza il ruolo delle agenzie di rating che acquistano un potere enorme, andando a svuotare ulteriormente la Banca d’Italia. Una modifica pericolosa anche in termini di sovranità nazionale, alla luce di quanto accaduto nel 2008. Pietro Laffranco ha anche chiesto con un emendamento che con decreto ministeriale siano fissati criteri oggettivi di valutazione da parte delle agenzie di rating, visti anche i danni fatti nel passato.
La cartolarizzazione è un processo finanziario che riunisce in un unico contenitore i debiti bancari e poi li rimette sul mercato sotto forma di obbligazioni con una valorizzazione basata sulla loro consistenza qualitativa. Più la possibilità di rimborso dei crediti è remota, più la qualità è cattiva. Più è probabile il rimborso, più la qualità del «contenitore» sale. In sostanza, secondo il decreto legge, lo Stato rilascerà la garanzia solo se i titoli delle cartolarizzazioni in questione avranno preventivamente ottenuto un rating. Il voto deve venire da un’agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla Bce. Il rating sarà rilasciato applicando criteri come la stima analitica dei flussi di cassa associati al titolo garantito, la verifica della qualità di tutti i crediti sottostanti, la percentuale investita nelle tranche che assorbono per prime le perdite, la capacità operativa dell’incaricato del recupero dei crediti.
Francesco Fabbri, advisor di Morgan Stanley Italian distressed asset, nel corso del convegno, ha messo in luce le difficoltà che incontrato i potenziali acquirenti di sofferenze italiane nella valutazione dei crediti. «Le banche italiane potranno mettere sul mercato nei prossimi due anni al massimo un ammontare di sofferenze (npl) tra 15 e 20 miliardi» ha spiegato. «Il sistema è schiacciato da un fardello di 89 miliardi di sofferenze nette che appesantiscono i bilanci. Ci sono alti costi di valutazione (due diligence) - spiega Fabbri - causati dalla mancanza di un lavoro a monte da parte delle banche nell’analisi del proprio portafoglio di crediti a rischio che rende impossibile un giusto assemblaggio in pacchetti standard (cluster) secondo le richieste del mercato. Per questo accade che dal progetto iniziale di vendita, ad esempio, di un miliardo di sofferenze una banca dopo alcuni mesi di valutazione sia costretta ad accontentarsi di mettere sul mercato crediti per soli 200 milioni. Sullo strapotere concesso alle valutazioni delle agenzie di rating internazionali secondo Fabbri il rating non elimina né riduce la necessità di una due diligence dell’acquirente. Se quest’ultimo può contare su un lavoro di analisi già fatto dall’originator (la banca che cede il credito, ndr) «si crea una dinamica virtuosa che limita lo strapotere delle agenzie di rating»
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